Eva Basile, 21 aprile 2015.
Tessitura e feltro potrebbero sembrare tecniche lontanissime fra loro e in effetti molto spesso lo sono: una intreccia fili ed è reversibile, l’altra aggrega fibre ed è indissolubile!
Eppure un punto di contatto ce l’hanno: la lana.
E quando si parla di questo meraviglioso materiale la propensione a feltrare diventa il fattore che fa la differenza. Avete mai pensato come sia possibile ottenere la superficie omogenea del panno? Oppure la mano soffice di un velour, la superficie di un loden o quella del panno casentino?
Ma non è solo una questione estetica, se la lana viene lavata acquista volume, l’intreccio si serra leggermente e la stoffa diventa più morbida. L’aria non filtra e quindi il calore è assicurato!
Nelle prove condotte sul telaio a pettine-liccio con la Lana d’Abruzzo ho sempre lavato e leggermente infeltrito il tessuto realizzato. Così facendo ho eliminato gli oli necessari alla filatura liberando la fibra rendendola morbida. Una lana trattata con l’antifeltrante non permette questo, come non permette una gran quantità di effetti interessanti.
In occasione del corso Tessere è facile si crea una campionatura di diversi intrecci, alla presenza di campioni diversi, con traforati, effetti di colore (il famoso principe di Galles!) e trame lanciate. Si vede la stessa stoffa appena sfilata dal telaio e dopo i trattamenti di lavaggio e rifinizione.
E chi vuole può portarsi a casa il telaio, l’azienda GS Looms che li mette a disposizione li mette anche in vendita direttamente a Scanno.
… dimenticavo la cosa più importante, l’infeltrimento delle stoffe ha un nome tutto suo: follatura!