Fabio Giusti, 22 maggio 2019
Ho aperto la porta di quella stanza, un po’ defilata da tutto il resto di Feltrosa, con fare un po’ preoccupato: mi ero iscritto all’ultimo momento [… al corso di Tessitura Precolombiana] ed ero in ritardo.
Ho cercato di abbozzare qualche scusa, ma quella che chiaramente era l’insegnante non mi ha nemmeno dato il tempo di parlare: “Siediti in un posto libero e ascolta le presentazioni dei tuoi colleghi”.
Due occhi attenti e penetranti, capelli grigi di esperienza e modi decisi di chi sa bene da quale parte della cattedra si trova!
“Con un’insegnante così”, ho pensato, “devo stare molto attento, già mi sono guadagnato il bollino di ritardatario, se seguita così mi odierà per sempre”.
Le mie orecchie ascoltavano le presentazioni che ogni corsista faceva di se stesso o se stessa, ma le mani non resistevano di fronte a quel marchingegno fatto di un telaio ben costruito con tanti fili verdi e arancione, e poi quel mazzetto di filini bianchi che legavano gli altri… e stecchine di compensato infilate attraverso… Avevo in testa la curiosità di capirne il funzionamento e le mie mani cincischiavano per provare a soddisfare questo inevitabile desiderio.
Tiravo qui e sparivano i fili verdi, giravo là e i fili arancioni si muovevano sfumando in quelli verdi, ma il mistero restava fitto.
Improvvisamente chi stava presentandosi è stato interrotto bruscamente dall’insegnante: ”Scusa Fabio, ti dispiace tenere ferme le tue mani? A parte che togli concentrazione chi sta parlando, rischi di rovinare tutto il lavoro di preparazione che ho fatto per te questa mattina!”
Parole scandite con decisione, senza alzare la voce. Feci in tempo a coglierne un lieve accento spagnolo sudamericano, ma l’imbarazzo non mi diede tempo di fare altre riflessioni. Ho tentato di balbettare una difesa d’ufficio, ma dopo un attimo ho capito che sarebbe stato meglio scusarsi e stare zitto, anzi quando è stato il mio turno mi sono presentato nella maniera più semplice possibile guidato dal motto “Tutto quello che dici potrà essere usato contro di te.”
Eravamo un gruppo variegato di corsisti, ognuno aveva le sue motivazioni, ma appena Angela ha cominciato le sue spiegazioni e soprattutto a mostrarci “come” il mistero si è subito rivelato: un marchingegno apparentemente complicato si è rivelato essere di una semplicità ingegnosa.
Che soddisfazione vedere l’intreccio che si formava, gli orditi che saltavano gli uni sopra agli altri e il tessuto che cresceva a vista d’occhio!
Via via che il corso procedeva e la confidenza col lavoro e con l’insegnante aumentava cominciavano a venire fuori commenti, poi qualche battuta fino a che abbiamo rasentato il prendersi in giro a vicenda.
Era proprio un bel clima e comunque il mandare avanti il lavoro ha sempre avuto la precedenza.
Sul finire l’insegnante ci ha fatti partire dell’inizio: come preparare gli orditi, i licci e il telaio. Sembrava complicatissimo, invece con pochi gesti semplici, purché precisi, il telaio sarebbe stato pronto per il lavoro.
Che dire? Roba di secoli fa diventata nostra, ingegno semplice ed efficace nelle nostre mani. Ora si tratta di metterlo a frutto: realizzare nuove tessiture e forse modificare qualcosa per ottenere nuovi risultati.
Vedremo!