
Tecnica | Ricamo free form su canovaccio da mezzo punto |
Materiali | Filati di lana tinti in tintura naturale (per la maggior parte con indaco in molte sfumature ma anche carciofo, reseda, solidago e legno di campeggio) |
Dettagli | Ho deciso di propormi per questo progetto su la notte Stellata di Van Gogh d’impulso, senza sapere bene cosa e come avrei fatto a portarlo a termine, sull’onda di un’emozione e con l’idea di usare filati tinti da me per realizzarlo, ma senza avere nessun progetto concreto. Si trattava per me di uscire, con un salto al buio, dalla mia comfort zone e di vedere cosa sarebbe successo, ben sapendo comunque che il confronto sarebbe stato con vere artiste e che quindi il rischio maggiore era di fare davvero una figuraccia. Oltre a tingere lana, io tesso, ma ho escluso la tecnica dell’arazzo dal mio orizzonte per due motivi, uno tanto pratico quanto infondato: pensavo ci sarebbe voluto troppo tempo per tessere un arazzo, ma non prevedevo assolutamente quanto ne sarebbe servito per le possibili alternative. Il secondo era che, per le mie competenze, abbastanza di base, nella produzione di arazzi, mi sembrava che il risultato sarebbe stato troppo piatto, troppo uniforme rispetto all’intensità e allo spessore delle pennellate di Van Gogh. La prima cosa che ho fatto, dopo essermi sconsideratamente gettata in questa impresa, è stato studiare meglio la vita e le opere di Vincent per capire come e quando fosse stata realizzata quest’opera. E così sono venuta a contatto in modo meno scolastico con questa esistenza così travagliata, con questa ansia di ricerca e anche di approvazione, di contatto umano, di amicizia, di affetto, con questa intensità di emozioni da esprimere e con l’instabilità e la difficoltà a trovare un qualsiasi equilibrio possibile tra sé e il mondo. Non sapevo che la Notte stellata fosse stata dipinta nel manicomio Saint-Paul-de-Mausole a Saint-Rémy dove lui stesso si era rifugiato nel tentativo di fuggire alle sue oppressioni e alle sue depressioni e non sapevo che fosse stato dipinto nel 1889, probabilmente tra la fine di maggio e i primi di giugno (cioè esattamente 133 anni prima dell’ impresa di Feltrosa) al più tardi un anno prima che l’artista si suicidasse. Mi ha molto colpito il fatto che fosse un paesaggio notturno ispirato dalla visione di quello che Vincent vedeva dalla finestra di un manicomio. Nelle sue lettere al fratello, Vincent (le lettere a Theo sono consultabili all’indirizzo https://www.illibraio.it/wp-content/uploads/2016/06/9788823506015.pdf ) parla di questa sue esperienza manicomiale come di un modo per esorcizzare, attraverso la frequentazione di veri alienati, la sua angoscia per la follia che potrebbe possederlo e trova la sua condizione di internato con il premesso di dipingere come facile da sopportare. Il paesaggio – dice – è bellissimo e “Questa mattina dalla mia finestra ho guardato a lungo la campagna prima del sorgere del sole, e non c’era che la stella del mattino, che sembrava molto grande. Daubigny e Rousseau hanno già fatto questo, esprimendo tutta l’intimità, tutta la pace e la maestà e in più aggiungendovi un sentimento così accorato, così personale. Non mi dispiacciono queste emozioni. “ Siamo ai primi di giugno del 1889 e la Notte stellata è appena stata dipinta e spedita al fratello perché decida se esporla o no alla mostra degli Independants, ed è compiaciuto di averla dipinta e pensa che sia, tra gli altri, un buon quadro, e certo la visione evocata nella lettera rimanda decisamente al quadro. Io non ho mai visto il dipinto dal vivo, ma mi ha molto aiutato la visualizzazione in 3D sul sito del Museo di Arte Moderna di New York (la Notte Stellata in 3D ), perché mi ha dato modo di percepire lo spessore delle pennellate e così ho deciso che avrei usato il ricamo su tela da mezzo punto perché questo mi avrebbe consentito di riprodurre le pennellate e le loro diverse direzioni e di affastellare fili a imitare gli spessori ora significativi ora radi che caratterizzano l’opera cercando di avvicinarmi all’intensità e alla forza che percepivo nel modo in cui Vincent lavorava con i colori. Questo quadrotto è stato un viaggio, dentro Van Gogh, ma anche dentro di me: ha messo a dura prova la mia pazienza, perché si è rivelato lento e impegnativo, e anche il mio coraggio e la mia determinazione, perché mi sono cimentata con una tecnica che non conoscevo e che anzi ho inventato man mano che procedevo nel lavoro. Insomma è stato un bel viaggio come tutti quelli in cui impari delle cose e torni a casa più ricco di quando sei partito. A questo link qualche momento del processo che ha portato alla realizzazione del mio quadrotto reel su instagram |
Provenienza | Torino |
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