Gabriella Giuliani, 23 maggio 2017
Un venerdì di maggio a Nazzano, in una bella giornata di sole, nasceva una nidiata di Mostrilli.
A far da levatrici al lieto evento una combriccola di donne (in verità c’era anche un uomo) chiassosa, contenta e molto eterogenea: bionde more bianche rosse, giovani o un po’ attempate, magre o rotondette, in una bella babele di lingue. Quindi situazione ideale per un parto collettivo (e creativo) di Mostrilli (Mostrillus Lanoso).
Aiutati dagli aghi a liberarsi delle informi crisalidi di lana, ecco aprire gli occhietti e stiracchiare le zampette/pinne/ali, far vibrare antenne /code/tentacoli e compiere i primi incerti movimenti il più bel gruppo di neonati Mostrilli che la valle del Tevere abbia mai visto. Creature colorate, buffe e tenere, che subito suscitarono allegria e orgoglio nelle mamme adottive.
Ma, come in tutte le storie, c’era la nota stonata, il cucciolo brutto, scuro e ombroso, dall’anima gotica, un povero piccolo mostrillo che non suscitò amore e tenerezza ma fastidio e repulsione.
Abbandonato e disprezzato il futuro del piccolo era quanto mai incerto, sarebbe finito in pattumiera o addirittura messo al rogo!
Ma anche i mostrilli più brutti hanno la loro stella (nera) e così il piccolo fu adottato ed ebbe una casa e un nome: Baldassarre.
Il viaggio verso nord fu comunque drammatico perché scivolò in fondo a uno zaino, schiacciato da pluriball, sacchi di lana e vestiti sporchi e a casa sfuggì per un soffio alle sgrinfie di un gatto rosso (triste sorte che subì invece un altro mostrillo).
Poi la sua mamma lo nutrì di nuova lana, lo rinforzò e gli regalò un bellissimo berretto rosso.
E ora il Mostrillo Baldassarre, Sasà per gli amici, svolazza contento per casa, dorme appeso a un ramo, ruba i croccantini e divora allegramente mosche e cimici (il che gli provoca micidiali flatulenze, tanto che ha perso tutto il pelo sul culetto).
—————Non è certo bello, con la sua faccia da morto e la sua aria un po’ malefica e dispettosa, ma in fondo anche le creature brutte e diverse hanno diritto di vivere. E poi bruciare un mostrillo, lo si sappia, porta una sfiga tremenda!
Le avventure di Sasà: 2a parte
Anche Baldassarre viaggia. Sasà, è cresciuto bene, sempre allegro e dispettoso, si è ambientato bene alla casa e alla sua nuova vita. Saltella sui mobili, fa gli agguati ai passeri ma si tiene ben lontano dalle gatte, adora i croccantini e il sapone da bucato.
Per fargli conoscere un po’ il mondo l’ho portato con me in viaggio, ad Atene, dove si è buttato giù in picchiata dall’Acropoli e a Pisa, dove si è emozionato tantissimo davanti al ritratto di un suo illustre antenato, raffigurato sul portale del Duomo.
Gli adolescenti hanno bisogno di modelli di riferimento e speravo anche di fargli vedere il Trionfo della Morte ma purtroppo è in restauro.
Le avventure di Sasà: 3a parte
Negli ultimi tempi però lo vedevo strano e incupito, non mangiava più e passava ore in bagno a svolazzare davanti allo specchio. Oppure faceva cose strane come roteare intorno alle lampadine fino a stordirsi o tuffarsi nell’innaffiatoio.
“Sasà, mostrillo di mamma, che ti succede? Hai mangiato di nuovo cacca di gatto, ti hanno morsicato le vespe?” indagavo preoccupata, ma lui non rispondeva e andava a nascondersi.
Poi una notte ho sentito strani rumori sul balcone, mi sono avvicinata silenziosamente e ho visto Sasà che guardava il cielo e “cantava”. In genere lui fa una serie di suoni sgraziati, gracchia, fischia e gargarizza, ma quella notte emetteva suoni più sommessi e malinconici, giurerei che fosse un motivetto neo melodico. Quando ho visto una sagoma nera sfrecciare in volo davanti alla luna ho capito che si trattava di un altro mostrillo, anzi di una mostrilla. Insomma Sasà è innamorato!
Qualche giorno dopo, per attirare quella creatura, Sasà ha messo una fila di croccantini sulla ringhiera saltellando speranzoso. Lei ha mangiato i crocchi e non l’ha degnato di uno sguardo. Lui ha riprovato offrendole anche una rosa (in realtà un fil di ferro con un brandello di palloncino).
Lei ha cercato di ucciderlo. Sasà ha capito che è vero amore!
Un saluto da Gabriella e Sasà