Il Kamishibai letteralmente Kami = Teatro e Shibai = Carta, era il teatro di strada giapponese che vedeva, all’inizio del secolo scorso, ogni giorno una miriade di narratori che, in sella alle loro biciclette, raggiungevano villaggi e sobborghi cittadini, richiamando grandi e bambini per le loro brevi rappresentazioni.
Nato nell’VIII sec. da monaci buddisti per diffondere il culto, all’inizio del ‘900 è stato riscoperto come teatro d’intrattenimento trasformandosi poi in utile veicolo di comunicazione per molteplici scopi: dall’alfabetizzazione delle masse, a campagne d’informazione ed educazione, fino alla propaganda politica.
Soppiantato dalla TV, di recente è stato recuperato come strumento didattico in vari ambiti: insegnamento delle lingue, educazione ambientale, etc…
Il lavoro presentato è frutto del lavoro svolto per la tesi di Laurea da Armando Di Marino con il supporto di Lucia D’Amato, sua moglie nonchè feltraia e ‘feltrosiana’, che ha realizzato un’inedita storia “infeltrita ad ago”.
Protagonista della storia è Fosca, simpaticissima bassotta a pelo duro che cerca di sensibilizzare i bambini al rispetto delle vere esigenze dei cani…
Poichè le storie del Kamishibai sono tipicamente brevi, gli spettacoli, anche in passato, si articolano su tre racconti in successione. Quindi oltre alla storia di Lucia ci saranno altre due storie, di cui una dove l’illustrazione gioca facendo interagire disegni e tessuti.
Tre storie per il Teatro di Carta giapponese (Kamishibai)– Fosca, cosa desideri? Una bassottina di feltro nel giorno del suo compleanno.
– Bidonia: come vivono gli abitanti del paese più brutto del mondo, in cui regna la spazzatura?
– La formica e il pisello, ovvero, di cosa abbiamo veramente bisogno?