Daniel V. Kevorkian, 20 maggio 2016
Il legno che sbatte, clack clack clack, segnala che lo spettacolo sta per iniziare.
Il Kamishibai, forse è la prima volta che approda in Italia, ma in fondo appartiene alla tradizione millenaria dei cantastorie che in tutto il mondo hanno diffuso miti, racconti e saghe di dei ed eroi.
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Armando e Lucia, svestite le uniformi di guardie del parco del lago di Vico, hanno voluto cimentarsi nell’arte del racconto, quella magia dove l’immagine prende vita grazie alla voce e quello che prima è statico diventa movimento, mentre il suono diventa visibile.
In occasione di Feltrosa 2016 i racconti del kamishibai sono stati allestiti una prima volta per il ristretto pubblico delle feltrosiane, il mattino seguente è stato effettuato un test con il pubblico più difficile da conquistare, i bambini, che hanno accolto entusiastici l’opportunità di partecipare ad un rito che sembrava appartenesse loro da millenni.
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La realtà creata dal nulla, il suono che emerge dal silenzio. Ogni volta che un pubblico si accorda sulla voce dell’aedo si celebra un momento di altissima umanità, il teatrino col timpano che si apre al pubblico, non a caso, ha lo stesso valore semantico del pronao del tempio, della σχηνέ greca ed allora ben venga il sincretismo culturale tra estremo oriente ed occidente, il vero tratto unificante è il bisogno di celebrare l’uomo nella sua natura volatile, il racconto.