Eva Basile, 26 luglio 2014.
Feltrosa 2015 si terrà dal 8 al 12 maggio, a Scanno, in provincia dell’Aquila.
Andare con Feltrosa in Abruzzo è sempre stato nei miei sogni: la terra dei pastori, come farne a meno?
Fortuna vuole che abbiamo incontrato Roberta Castiglione, che con il suo progetto Lana d’Abruzzo da anni si spende per il recupero delle tradizioni e la creazione di una filiera locale.
Roberta mi ha proposto Scanno, un paese il cui nome conoscevo, ma che non avevo mai visitato. Mi ha parlato di Gregorio Rotolo, della sua azienda in cui si allevano più di mille pecore, della sua produzione di formaggi, di come in paese tutti lo conoscano.
Appuntamento in piazza, al bar centrale, partendo Paolo, Konny ed io dall’Umbria meridionale e Roberta con suo marito da Pescara, con arrivo quasi simultaneo, ottimo inizio!
Saliamo tutti su un’unica auto per andare all’Agriturismo Valle Scannese, da Gregorio. Di fronte a noi il massiccio della Majella, alto e maestoso, in lontananza vola un’aquila. La giornata è fresca e soleggiata, decidiamo di sederci all’aperto. Si parla di lana, di Feltrosa, di quello che serve ad organizzarla.
Arriva l’ora del pranzo, ci sediamo a tavola con l’idea di proseguire la conversazione feltrosiana. Impossibile! Gli assaggi di formaggi hanno monopolizzato ogni discorso e poi sono arrivati gli insaccati di pecora e la pasta tirata a mano, le papille gustative hanno avuto il sopravvento.
A tavola con noi si è accomodato Pasquale Caranfa, cugino di Gregorio, animatore culturale ed esperto di storia locale. Ci siamo accordati per visitare assieme il paese, non dopo aver acquistato caciotte, pecorini e formaggi misti: come resistere?
E strada facendo, rientrado al paese in auto con Pasquale – ci separano circa 5 km – vengo a conoscere un po’ di storia, come Scanno fosse popolata già in tempi remoti, come la ricchezza prodotta dalle greggi abbia plasmato il territorio.
Pasquale conosce tutto e tutti: si fa dare le chiavi del Museo della lana e ci conduce subito in quello che un tempo era il mattatoio ed ora è sede delle collezioni etnografiche.
Proseguiamo fra le stradine erte, passiamo sotto archi anneriti dal fumo. Un tempo là sotto si svolgevano molte attività: le donne ci lavoravano la lana, facevano il tombolo, tingevano le matasse, si radunavano per condividere lavoro e confidenze.
Dicono che sia un paese turistico: ci sono oltre mille posti letto, un bel lago, tanti sentieri per escursioni, addirittura un’orsa che si avventura di tanto in tanto nel centro abitato, ma non troviamo i difetti dei luoghi amati dai villeggianti. Le case sono ristrutturate con rispetto, nel centro storico i negozi di souvenirs sono pochi. Il cartello che pubblicizza il pan d’orso, il dolce locale, è un po’ arrugginito negli angoli (vintage si dice adesso): niente scintillii pacchiani.
Lungo la strada incrociamo seduta fuori dalla porta di casa un’anziana abbigliata alla maniera tradizionale: grande gonna di lana nera pliessettata e grembiule. Vengono in mente le celeberrime fotografie di Henry Cartier-Bresson, scattate proprio a Scanno nei primi anni ’50 e son tentata di fotografarla, con i miei modesti mezzi ma non mi pare proprio il caso. Sicuramente ci è abituata ma mi pare di dubbio gusto, meglio portarle rispetto, penso.
Una mezz’ora dopo ne incontriamo un’altra, si ferma a parlare con Pasquale che ci invita a scattare la foto. Fa parte delle cose da fare a Scanno, evidentemente. Lei è tranquillissima, scherzano. Oplà, le foto vengono scattate col cellulare. E non è finita: alla conclusione della nostra visita una terza signora con la lunga gonna nera sfreccia su di una curiosa carrozzina a motore, incurante delle auto!
Torniamo al bar centrale, per un altro caffé e per sederci e fare un po’ il punto. Si fanno ipotesi, si pensa a come valorizzare le belle lane delle pecore sopravissane abruzzesi, come fondere i nostri saperi.
Ma questo lo racconteremo un’altra volta.