Porchiano del Monte (TR) 17 – 19 Maggio 2013
In occasione della ottava edizione di Feltrosa, manifestazione annuale dedicata all’arte del feltro, il borgo medioevale fortificato di Porchiano del Monte – Amelia in provincia di Terni, ospiterà “Arte lungo le Mura”, una mostra-concorso internazionale di opere d’arte ambientale realizzate in feltro che resterà n esposizione per tutta la durata del festival.
L’inaugurazione verrà arricchita da Questo sol m’arde e questo m’innamora, un intervento di Cielo Pessione.
Foto: Salvatore Biondo
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Di ventiquattro proposte, giunte da più parti d’Italia e anche dall’estero, ne sono state selezionate otto da una giuria formata dal critico Lorenzo Mango, professore presso l’Università di Napoli specializzato nel rapporto tra teatro ed arti visive e dalla artiste Caridad Barragan e Cielo Pessione.
Il rapporto che le opere instaureranno con i luoghi ed i loro abitanti, la qualità comunicativa, i valori estetici delle proposte sono stati i principali criteri selettivi. La mostra sarà varia: vedremo un’installazione di ampio formato e interventi diffusi, opere appoggiate su elementi architettonici del borgo e lavori autonomi.
I bozzetti sono stati esaminati nel borgo stesso, in modo da facilitare il lavoro dei giurati e ipotizzare in modo attendibile il risultato complessivo dell’intervento, una sua omogeneità nella varietà, il creare un insieme armonioso che si possa allestire anche in altre sedi, come previsto dal bando.
I materiali sono stati forniti dall’azienda DHG di Prato, sostenitrice del progetto e sostegno, assieme ad altre aziende laniere, di più edizioni di Feltrosa.
All’ingresso del paese, su un grande torrione usato un tempo per gli avvistamenti, è prevista l’installazione di Legami di Sonia Stefanutti: sarà il biglietto da visita, l’elemento scenografico che accoglierà il visitatore. Un grande arazzo di lana rossa, lungo quanto il torrione stesso sarà serrato lungo tutte le pareti grazie a degli spessi cordoni in modo da suggerire un avvolgimento, una fasciatura, una cura amorevole per le vecchie mura. I giurati vi hanno letto un richiamo alle sculture morbide di Claes Oldenburg.
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Più avanti vi sono alcuni pini secolari, che caratterizzano lo skyline del borgo: si possono vedere da fondo valle, tanto sono imponenti. Ad essi verrà sospeso Limax Maximus, di Chiara Valentini: due elementi intrecciati fra loro a richiamare l’atto procreativo di una specie di invertebrati, un lavoro descrittivo ed al contempo astratto/simbolico, che ha convinto la giuria.
Spazio vitale è l’installazione pensata da Yana Drumeva, un radicamento nella tessitura muraria, notata per la sua delicatezza e l’assenza voluta di monumentalità: sarà un’opera di dimensione accessibile, quotidiana che sembra affiorare, sgorgare dalle stesse pietre del borgo.
Ispirata ad un testo alchemico quattrocentesco è La Decima Porta, una “scultura vivente” proposta da Alice Angioni che instaura un rapporto ravvicinato ed interattivo con lo spettatore, costretto a passare sotto l’arco che compone una sorta di grande portale rosso da un lato e color greggio sul lato che si affaccia verso valle , scultura viva che accoglie il verde, analogamente alle mura: “un giardino verticale che muterà e si esprimerà autonomamente reagendo al luogo: vivendo, moltiplicandosi o morendo.”
Chiara De Marco propone un lavoro che restituisce alle mura un’idea di rocca fortificata medioevale, giocando con l’immaginario infantile delle favole. La lunga treccia permetterà all’eroina di fuggire: Io mi salvo da sola, è il suo grido, la rivendicazione di una principessa del XXI secolo.
Benedetta Monetti ha scelto di lavorare su di una delle vecchie abitazioni in vendita. I solai iniziano a cedere, il tetto è sconnesso in più punti. Una tenda chiude la rimessa al piano terreno, in più punti vi sono cartelli e segni di una vita popolare autentica e non gentrificata, non oleografica o rassicurante. Un paese medioevale ancora vissuto dai propri abitanti, nel quale l’autrice ha voluto inserirsi con delicatezza, evocando il volo di variopinti uccellini che sciamando dalla stretta finestra-gabbia si disperdono per il mondo, abbandonando le antiche pietre.
Stabilisce un legame con il luogo e richiama le attività agricole del borgo Sirin, la scultura tessile creata da Olga Infantieva e Yulia Orlova pensando al folclore del proprio paese, la Russia.
Un straniante fuori scala, una creatura mitologica comprensibile per tutti coloro che vi vedranno un’enorme e curiosa gallina mammelluta, acchiocciata proprio dove si trovano i pollai, sia per coloro che vi leggeranno legami espliciti con la mitologia dell’antichità.
Sirin è una sirena, l’uccello mitologico che nel folklore russo si fa creatura metà umana e metà animale, benevola e protettiva. Sirin, ricorda Yulia è anche lo pseudonimo che si dette il grande scrittore esule Nabokov, il padre di Lolita, nativo di San Pietroburgo e deciso avversario del totalitarismo.
In nome di mia madre è l’impegno di Antonella Sabatini nell’ indagare l’essenza creativa femminile.
Una struttura in midollino, la parte più tenera e flessibile dei fusti vegetali disegna nove cerchi collegati da tessuti della tradizione domestica all’interno dei quali è sospesa una forma in lana simboleggiante il femminile. Amelia, ricorda l’artista significa vergine delle macchie, le mura la sorreggono e proteggono, un ponte fra la terra ed il cielo, l’unione del principio maschile e femminile.